Le Buyer Personas, in breve
Riassunto: le Buyer Personas sono rappresentazioni semi-fittizie di potenziali clienti target, basate su dati demografici, comportamenti, motivazioni ed esigenze. Vengono utilizzate durante la progettazione e durante la pianificazione strategica per incentrare il focus sull’utente finale.
Possono, però, fornire una visione troppo statica e semplicistica delle persone vere per cui stiamo progettando e – in alcuni casi – possono addirittura essere dei meri risultati dei nostri bias interpretativi della realtà intorno a noi.
Nella realtà, infatti, l’identità, i comportamenti e le esigenze delle persone cambiano fluidamente a seconda dei contesti e delle situazioni che stanno vivendo.
Le Buyer Personas non ritraggono i fattori chiave che ci fanno comprendere il processo decisionale perché rappresentano un modello statico.
Prenderesti sempre la stessa decisione più e più volte nella vita?
Questo è il punto di partenza dei Dynamic Selves: invece di basarsi su essere umani stereotipati, i Dynamic Selves esplorano le molteplici “identità” che un singolo individuo può assumere in diversi momenti della sua vita e ci portano a progettare per un mindset più che per un modello di persona.
Applicando la lente dei Dynamic Selves si può progettare in base ad una situazione legata al contesto, più che appartenente intrinsecamente a un modo di essere.
Partire dalle Buyer Personas spesso conduce a esperienze d’uso frammentate. Progettare in base a bisogni e contesti porta invece a creare soluzioni olistiche che si adattano alle situazioni mutevoli in cui si trovano le persone nella realtà.
Come si applicano i Dynamic Selves?
Si inizia, attraverso una ricerca qualitativa, dall’individuazione dei diversi selves, cioè delle diverse situazioni/momenti/contesti in cui l’utente può trovarsi quando cerca/utilizza un prodotto/servizio (a casa, di fretta, con altre persone, insonne…)
Si prosegue creando una mappa delle attività e dei bisogni per ogni self identificato: quali informazioni cercherà? Dove le cercherà? Quali opzioni si aspetta di trovare? Quale sarà il suo stato d’animo?…
A seguire si individuano i punti di transizione tra i vari selves.
Ad esempio, se all’inizio del percorso il self è una persona che ha voglia di fare un viaggio da qualche parte ma non sa dove, dopo pochi minuti può essere diventato una persona in cerca del viaggio più economico possibile per il Marocco.La progettazione termina con l’ideazione delle soluzioni che accolgono tutti i selves e facilitano tutte le successive transizioni
Una volta terminata la fase progettuale si passa allo sviluppo di un prototipo e ai test con le persone reali, per poi reiterare il processo per migliorarlo di volta in volta.
Il framework si può impostare in 1.000 modi, variando da progetto a progetto, vediamo un esempio molto semplificato per chiarire la struttura del ragionamento.
Pensiamo a una persona a cui si è appena rotto il parabrezza, a tutti i selves che possono scaturire e (sotto) a dove cerca le risposte che le servono:
Questo approccio porta a progettare esperienze, prodotti e servizi che si adattano alle persone nelle loro molteplici identità, invece di forzarle in un’unica visione ristretta.
Che tu stia progettando un gestionale, un’app o una strategia di marketing, i Dynamic Selves possono aiutarti a tenere conto della complessità umana.
è interessante! riprende un po' un approccio journey-first o la mappa dell'empatia. Il problema sorge quando i bisogni non sono veri bisogni (es. acquisti impulso, voluttuari, lusso, fashion), e il trigger può essere qualsiasi cosa, per cui è difficile ricostruire un percorso che non sia frammentato in mille pezzi